L’essere umano è nato per correre, la corsa è uno sport, tutti dovrebbero essere sportivi. Questo sillogismo consente di illustrare un scoperta che ha portato una nuova luce sulla rilevanza del movimento per l’essere umano e per il suo sviluppo evolutivo. Sono già trascorsi 20 anni da quando nel 2004 sono stati pubblicati su Nature, una delle riviste scientifiche più prestigiose, i risultati di una ricerca in cui si affermava, sulla base di reperti fossili risalenti a 2 milioni di anni fa, che la corsa di resistenza ha svolto una funzione significativa nello sviluppo della nostra specie. Nessun altro primate ha, infatti, sviluppato questa competenza; una delle prove risiede nei lunghi tendini connessi a brevi fasce muscolari che sono in grado di generare forza in modo economico, permettendo così di salvare il 50% del costo metabolico della corsa. L’ipotesi è che l’Homo abbia sviluppato la corsa resistente per cacciare gli animali e per portarsi via rapidamente le carcasse delle prede. Bramble e Liebermann, autori di questo studio, sostengono che la corsa resistente ha reso possibile una dieta ricca di grassi e proteine responsabile nell’Homo dello sviluppo di un corpo grande, un intestino piccolo, un cervello grande e denti piccoli. Oggi sappiamo che nella nostra società moderna la corsa di resistenza non è più necessaria per assicurare il cibo quotidiano a noi stessi e al nostro clan, ha cambiato funzione: per molti è un ‘attività ricreativa e di promozione del benessere, mentre per altri si è trasformata in un evento sportivo agonistico. Non dobbiamo comunque dimenticare che, milioni di anni fa, è stata una delle scintille che sono state alla base dell’evoluzione dell’essere umano che siamo ora.
Il movimento e la corsa non sono solo stati fondamento dello sviluppo della specie umana ma svolgono un ruolo altrettanto rilevante nello sviluppo di ogni singolo uomo durante l’arco della sua vita. Osservando i bambini si può facilmente notare che raramente camminano e molto più spesso corrono. I bambini sono degli atleti instancabili, sino da quando gattonano sono in continuo movimento, vanno e vengono da una stanza all’altra, salgono e scendono da divani e poltrone, amano buttarsi a terra e rialzarsi, gli piace andare sull’altalena perché sentire la velocità è emozionante. Da quando si nasce sino ai primi tre anni di vita si è di fronte a una continua evoluzione verso l’autonomia fisica e psicologica, che culmina nel sapere correre e muoversi in ambienti in cui non vi sono adulti. Questa conquista del mondo avviene solo grazie alla possibilità dei giovani bambini di potersi muovere sempre più liberamente e nel sapere che quando ritornano dagli adulti, loro, sono lì presenti e continuano a volergli bene anche se si erano allontanati.
Compito dell’adulto è, quindi, di favorire questo sviluppo fornendo un sostegno emotivo al bambino ma anche insegnandogli come fare a imparare e a non farsi male. In questi momenti l’adulto agisce come un insegnante che educa il bambino ad assumersi dei rischi da lui controllabili. Può, ad esempio, insegnare a un bambino ad andare in bicicletta su due ruote già a due anni; questa attività comporta il rischio di cadere e il genitore deve ridurre al minimo questa eventualità. Questa modalità la si può applicare a qualsiasi altro tentativo di autonomia nel movimento; l’adulto che vieta e strilla per timore che il bambino si faccia male può, al contrario, inibirne lo sviluppo motorio e aiutarlo a sviluppare un senso di timore collegato a ogni sua azione autonoma. Inoltre, quei bambini che vengono lasciati soli a guardare la televisione per ore o che a quattro anni vengono ancora portati sul passeggino sono un esempio di come si possa sviluppare uno stile di vita sedentario. Inoltre, all’adulto deve essere altrettanto chiaro che ogni nuovo apprendimento richiede, da parte di entrambi, tempo e dedizione, non è sufficiente una sola spiegazione o poche prove, bisogna insistere e stare insieme al bambino sino a quando non avrà imparato.
Anche l’adulto va, pertanto, educato e non lasciato da solo, poiché spesso ha paura che il bambino cada e si faccia male e non sa che questo suo atteggiamento è in contrasto con la naturale maturazione di una funzione, come il camminare. Infatti, i bambini imparano attraverso decine e decine di tentativi e basta osservare quanta gioia esprimono quando riescono a stare in piedi da soli o muovono i primi passi, per capire che stanno componendo le prime semplici frasi di ciò che può essere definita come alfabetizzazione motoria, di cui i campioni dello sport rappresentano il punto culminante e più raffinato di evoluzione che l’essere umano possa raggiungere.
L’attività motoria non è, però, solo alla base dello sviluppo dei primi anni di vita ma consente al giovane, bambino o adolescente, di manifestare quelle specifiche abilità che lo accompagneranno durante l’arco dell’intera esistenza e che costituiranno le basi motivazionali per continuare a essere sportivi anche da adulti. Le abilità identificate sono le seguenti: trarre piacere dall’azione motoria o sportiva, muoversi pensando, sapersi assumere dei rischi calcolati e saper vivere in gruppo.
Trarre piacere dall’azione motoria o sportiva è estremamente importante in quanto soddisfa una delle motivazioni determinanti, che consiste nell’imparare a entusiasmarsi e a spendere energia attraverso il movimento. Sviluppare uno stile di vita fisicamente attivo è d’altra parte una componente primaria della vita umana che in questi ultimi decenni, purtroppo, sta venendo meno, spingendo l’uomo verso uno stile di vita sempre più sedentario. Viceversa l’attività motoria così come lo sport consentono di recuperare uno stile di vita fisicamente attivo e perché ciò avvenga è necessario che l’attività sia svolta nel rispetto della motivazione di ognuno e delle sue competenze e sia inserita nel curriculum scolastico.
Muoversi pensando richiede, invece, d’imparare a servirsi dei propri pensieri durante l’attività che si svolge. Insegnare ai giovani ad essere psicologicamente autonomi è l’obiettivo di ogni educatore. Questo atteggiamento va costruito sino da quando sono bambini, facendogli svolgere delle esercitazioni in cui devono prendere delle decisioni, rinforzando non solo la correttezza delle loro scelte ma soprattutto la capacità di operare delle scelte. Pertanto, non deve essere insegnato ai giovani solo ad agire in funzione dell’istruzione ricevuta, ma bisogna anche creare delle situazioni in cui si confrontino con problemi motori o sportivi che dovranno risolvere.
Al muoversi pensando ben si collega il sapersi assumere dei rischi calcolati. Significa avere fiducia nelle proprie abilità motorie ed essere convinti di sapere affrontare una determinata situazione motoria, perché lo si è già fatto in passato o perché è simile ad altre già conosciute. Nello stesso tempo implica la consapevolezza di non affrontare situazioni che si considera troppo difficili o che possono mettere a rischio la propria incolumità fisica. Il giovane attraverso l’esperienza motoria e sportiva, che dovrebbe essere stata ed essere ricca e differenziata, impara a decidere con rapidità cosa/come fare ma anche a fermarsi.
L’ultima dimensione da sviluppare riguarda la capacità di vivere in gruppo. Il sentirsi parte di un determinato contesto sociale, il gruppo scolastico, quello sportivo o il gruppo degli amici è uno dei bisogni primari di ciascun giovane e il condividere con altri coetanei le proprie esperienze motorie svolge una funzione formativa importante. Solo vivendo in gruppo s’impara a rispettarne le regole, a collaborare anche in un ambiente competitivo, a imparare ad anteporre i propri obiettivi personali a quelli della squadra/gruppo e, in termini più globali, insegna a vivere nel proprio contesto sociale svolgendo un ruolo positivo verso se stessi e gli altri.
Concludendo, alla base dell’affermazione dell’Homo Sapiens vi è stata la possibilità di sviluppare la corsa e quindi di cacciare le prede inseguendole per periodi lunghi e di spostarsi rapidamente in ambienti aridi e ostili. Ciò ha permesso la diffusione e lo sviluppo dell’essere umano così come lo conosciamo oggi. Inoltre ogni individuo ripete in parte la storia del genere umano e attraverso il processo di alfabetizzazione motoria diventa autonomo e affronta il mondo che lo circonda. In questo ambito gli adulti, svolgono un ruolo essenziale, promuovono questo processo d’indipendenza motoria e psicologica oppure possono se non inibirlo almeno comprometterlo.
In sintesi, non dimentichiamoci che l’uomo è nato per correre anche se purtroppo viviamo nell’era del passeggino, delle play station e dei social.
Bramble, D., e Liebermann, (2004). Endurance running and the evolution of Homo. Nature, 432, 345-352.