In questi giorni di caos per la nazionale italiana di calcio i principali commentatori hanno imputato la sconfitta con la Norvegia, nella partita di qualificazione per i prossimi mondiali, allo scarso livello tecnico dei calciatori mentre lo stesso ct Luciano Spalletti si è detto dispiaciuto per non essere riuscito a fare al meglio il suo lavoro.
Non voglio mettere in discussione queste spiegazioni e tantomeno quelle che incolpano la FIGC e il suo presidente.
Quello che invece mi piacerebbe sapere riguarda cosa è stato fatto prima per costruire una squadra unita e consapevole delle difficoltà e dei compiti che l’aspettava.
Sappiamo o almeno dovremmo sapere tutti che se una squadra non ha grandi individualità e un gioco ben rodato non deve certo arrendersi ma predisporsi alla lotta in ogni centimetro del campo e giocatori pronti a intervenire quando un compagno si sta per trovare in difficoltà. In sostanza, a prescindere da tutto, mai mollare di un metro. Essere tenaci, cioè continuare a fare quello che si è fatto anche dopo che lo si è fatto.
Con questo premesse mi chiedo come sono passati i giorni pregara, come sono stati affrontati questi temi in allenamento e nelle riunioni tecniche o invece, come spesso ho visto accadere, si è parlato solo di questioni tecnico-tattiche avulse dal fattore umano. E’ troppo semplice affermare che i giocatori a disposizione erano scarsi, serve a qualcosa?
E’ facile dire che non mostrato l’orgoglio di vestire la maglia azzurra ma come dovrebbero averlo sviluppato calciatori che non giocano nelle squadre italiane perchè a loro è preferito uno straniero qualsiasi, calciatori che sono mentalmente cresciuti sotto un procuratore che pensa solo a fare lievitare i compensi. Certo che tutti dovrebbero avere sviluppato il senso di appartenenza, che tra l’altro è uno dei bisogni fondamentali di noi esseri umani, ma chi glielo avrebbe dovuto insegnare?
Purtroppo questi temi non interessano, quindi, continuino pure a trovare di volta in volta un capro espiatorio diverso.