Come mai non si trovano le risorse per allenare 1.000 giovani con disabilità intellettiva?

La difficoltà nel reperire fondi per progetti che coinvolgono giovani con disabilità intellettiva può essere attribuita a diverse ragioni, tra cui:

1. Priorità nelle risorse pubbliche e private

  • Fondi pubblici limitati: Gli enti pubblici spesso hanno budget ristretti, con molteplici esigenze da affrontare, come sanità, istruzione e infrastrutture. Progetti specifici come l’allenamento di giovani con disabilità possono non essere una priorità immediata.
  • Concorrenza per i finanziamenti privati: Molte organizzazioni competono per ottenere donazioni da parte di fondazioni, aziende o individui. Questo può ridurre la possibilità di ricevere i fondi necessari.

2. Scarsa sensibilizzazione

  • Mancanza di visibilità: Se il progetto non è ben comunicato o non raggiunge l’attenzione del pubblico e dei decisori, può essere difficile generare il supporto necessario.
  • Stereotipi e pregiudizi: Purtroppo, i progetti che coinvolgono persone con disabilità intellettive potrebbero non essere percepiti come “redditizi” o prioritari rispetto ad altre iniziative sociali.

3. Difficoltà nella raccolta fondi

  • Strategie di raccolta inadeguate: Se non ci sono piani strutturati per ottenere finanziamenti, come campagne di crowdfunding, partnership con aziende o eventi di beneficenza, diventa complicato attrarre i fondi.
  • Costi di gestione: Organizzare raccolte fondi richiede risorse, personale e competenze specifiche, che non sempre sono disponibili.

4. Mancanza di alleanze strategiche

  • Collaborazioni insufficienti: Coinvolgere aziende, fondazioni o enti locali potrebbe ampliare le opportunità di finanziamento. Tuttavia, tali partnership richiedono tempo e impegno per essere costruite.

Soluzioni Possibili

  1. Promuovere la sensibilizzazione: Una campagna ben progettata che racconti le storie di questi giovani e i benefici dell’allenamento potrebbe attirare più donatori.
  2. Crowdfunding: Piattaforme online possono essere utili per raccogliere fondi, coinvolgendo la comunità.
  3. Partnership aziendali: Le aziende potrebbero contribuire in cambio di visibilità o per migliorare la loro responsabilità sociale.
  4. Accesso a fondi europei o internazionali: Esistono programmi specifici che finanziano l’inclusione sociale e progetti per persone con disabilità.
  5. Coinvolgimento dei media: Dare risalto alla questione potrebbe attrarre l’attenzione di donatori pubblici e privati.

 

 

Il killer instinct è innato o appreso?

E’ innato o appreso?

Mite, gentile e umile, Rod Laver, è stato probabilmente il più grande giocatore di tennis di tutti i tempi, l’aveva e l’ha usato per diventare l’unico giocatore a vincere due volte il Grande Slam di tennis.

Nel suo libro di memorie di recente aggiornato e ripubblicato LA FORMAZIONE DI UN GIOCATORE DI TENNIS ($ 19.95, nuovo capitolo Press, www.NewChapterMedia.com) Laver parla del killer instinct (un estratto qui di seguito).

Di Rod Laver:

“Quando ero un ragazzino,  cominciando a giocare bene, un po ‘meglio dell’ordinario, ho sperimentato il piacere di giocare di fronte a un pubblico.

E ‘stata una bella sensazione di essere ammirato per i miei colpi, ed io non aveva fretta di uscire dal campo.

Come risultato ho lasciato troppi avversari nei guai.

Ho scoperto che si deve giocare con l’intenzione che sia un viaggio breve,  fare il lavoro rapidamente e completamente.

Non voglio dire in fretta.

Tutt’altro.

Ma quando si ha la possibilità di colpire allora ti rendi conto che nessun vantaggio è grande come sembra.

Se il tuo avversario è sotto di 1-4, ci si sente abbastanza bene: tre giochi di vantaggio.

Ma sono solo una pausa di servizio, e se non si desidera mantenere la pressione  si andrà incontro a delle difficoltà.

Non è certo il momento di sperimentare nuovi colpi.

Ho sentito dire che o sei uno nato con l’istinto assassino o non lo sei.

Non sono d’accordo con questo.

Mi sento che ho dovuto sviluppare questa visione assassina che, per me, significa fare il tiro richiesto per vincere il punto.

Non ci si complica la vita quando si ha un colpo facile e il tuo avversario è fuori posizione.

Le buone occasioni non sono frequenti, e il killer sicuramente le prende quandosi presenta l’occasione.

L’assassino non molla.

Questo si può imparare.

Bisogna essere certi dei tiri facili – concentrarsi duramente in più su quelli.

Tutti hanno problemi con i colpi difficili, ma l’assassino ottiene il suo scopo perché è meticoloso.

Non bisogna elogiarsi quando si è in vantaggio.

Concentrati su stare lì.

Quando Charlie Hollis, il mio allenatore, ha deciso che non ero abbastanza omicida, mi ha allenato con l’intento di vincere ogni partita 6-0, 6-0.

Forse vi sembra strano, ma l’idea di Charlie era buona e precisa: corri e non lasciare che nessuno si senta a suo agio”.

Gli atleti affrontano prove psicofisiche continue: favorire i processi di recupero. Il caso Bove

Il caso del calciatore Edoardo Bove,  svenuto in campo a causa di un attacco cardiaco dovrebbe farci riflettere sulla fragilità di noi umani quando siamo sottoposti anche se giovani e allenati a prove psicofisiche continue, anche se liberamente scelte nella consapevolezza che sono parte della professione di atleta. Accanto a questi casi per fortuna rari ve ne sono altri meno gravi, non mettono a rischio la vita, ma ugualmente importanti per la persona che li subisce perchè allontanano dall’attività anche per un anno e spesso predispongono a frequenti ricadute nel corso del tempo. Basti pensare alla Juventus, che in questa stagione sino dal suo inizio ha avuto almeno 7/8 giocatori sempre infortunati, tanto da fare portare in panchina cinque calciatori della Primavera.

Questo non succede solo nel calcio, cambiano le problematiche ma anche nel tennis è frequente che i giocatori abbiano infortuni durante la stagione sportiva e saltino diversi tornei. Kobe Bryant disse che la sua testa avrebbe voluto continuare a giocare ma il suo corpo si rifiutava e così decise di ritirarsi. Nadal e Federer avrebbero voluto continuare ma il loro corpo si rifiutava attraverso i ripetuti e gravi infortuni che hanno subito. Cosa non si fa per vincere: Gianmarco Tamberi si è danneggiato gravemente la salute per provare a vincere l’oro a Parigi e per questo durante i giochi olimpici è stato ricoverato in ospedale. Noah Liles ha corso la finale dei 200m a Parigi giungendo terzo e avendo il covid.

Le cause: troppe gare, troppa visibilità sociale e troppi soldi che impongono di essere sempre al meglio, Il sistema è organizzato in questo modo, e poi come si fa a rallentare, prima si deve lottare per emergere fra i top atleti e poi per continuare a restare a quel livello e provare a raggiungere le vette assolute.

Non c’è nulla di negativo in questo modo di vivere la propria carriera. Ho partecipato alle olimpiadi sino da quelle di Atlanta-1996 collaborando con molti atleti vincitori di medaglie ai giochi olimpici e ai mondiali, per cui sono parte attiva di questo processo di perfezionamento delle prestazioni. Sono però altrettanto convinto che si dovrebbe fare di più per garantire la salute fisica e mentale degli atleti, poiché lo sport di livello assoluto è un’attività fisicamente molto stressante e con un altrettanto significativo impatto emotivo. Noi umani non siamo nati per queste prove estreme e ripetute nel tempo ed è ovvio che solo l’allenamento non è sufficiente a garantire la salute e il benessere dell’atleta. Possiamo però offrire agli atleti molto di più di quello che abitualmente fanno, oltre agli allenamenti di prevenzione che dovrebbero già essere parte della loro routine quotidiana.

Bisogna favorire i processi di recupero psicofisico non sempre praticati dagli atleti. Riguardano la gestione del sonno, nutrizione e idratazione, pratiche orientate al benessere (yoga, rilassamento, meditazione) e una vita relazione significativa. Sarebbe un’occasione persa pensare che il problema principale riguardi solo il numero di gare, perchè a questo singolarmente non vi è rimedio, dobbiamo invece implementare tutte quelle opportunità che dipendono da scelte individuali e per questo serve che gli esperti che lavorano con loro mostrino questo tipo di mentalità e propongano soluzioni,  altrimenti tutto continuerà come sta accadendo oggi dove prevenzione e stile di vita dell’atleta sono temi lasciati alla libera scelta di ognuno. Ci vuole più cura e rispetto per il proprio corpo.

 

 

 

L’importanza di fare domande

Fare domande è una delle abilità più importanti che un giovane possa sviluppare, perché rappresenta il motore della curiosità, dell’apprendimento e della crescita personale. Ecco alcune ragioni per cui fare domande è cruciale:

1. Stimola l’apprendimento

Le domande sono il punto di partenza per esplorare e comprendere meglio il mondo. Quando un giovane chiede, dimostra la volontà di approfondire, di capire e di acquisire conoscenze. È attraverso le domande che si scoprono nuove idee, si sviluppano competenze e si superano i propri limiti.

2. Favorisce il pensiero critico

Porsi domande, soprattutto quelle difficili, aiuta a sviluppare una mente critica. Un giovane che fa domande si abitua a non accettare tutto passivamente, ma a riflettere, a mettere in discussione e a valutare ciò che gli viene presentato. Questo è fondamentale in un mondo in cui informazioni, opinioni e influenze sono ovunque.

3. Costruisce relazioni più autentiche

Fare domande agli altri dimostra interesse genuino e apertura verso le loro esperienze e opinioni. Questo non solo rafforza le relazioni personali, ma insegna anche empatia e capacità di ascolto, competenze chiave sia nella vita privata che in quella professionale.

4. Aumenta la fiducia in sé stessi

Imparare a fare domande richiede coraggio, soprattutto quando si teme di sembrare ignoranti o di disturbare. Tuttavia, superare questa paura aiuta a sviluppare autostima e sicurezza, mostrando che ogni dubbio è un’opportunità per crescere.

5. Promuove la creatività

Le domande stimolano la curiosità e spesso aprono la strada a soluzioni innovative. Un giovane che si chiede “Perché no?” o “Come posso farlo diversamente?” sta già pensando in modo creativo, un’abilità molto apprezzata nel mondo moderno.

6. Crea opportunità

Porre domande giuste alle persone giuste può aprire porte inaspettate. Che si tratti di chiedere consiglio, chiarimenti o nuove opportunità, le domande mostrano intraprendenza e determinazione, due qualità fondamentali per il successo.

7. È una pratica senza fine

Fare domande non è qualcosa che si impara una volta per tutte: è una pratica che evolve con il tempo. Ogni nuova esperienza porta nuove curiosità e nuove prospettive. Un giovane che mantiene viva questa abitudine continuerà a crescere anche in età adulta.

Conclusioni

Fare domande è più di un’abilità: è un atteggiamento verso la vita. Per un giovane, significa abbracciare il proprio potenziale, accogliere il cambiamento e trovare il proprio posto nel mondo. Quindi, mai aver paura di chiedere: ogni domanda è una porta che si apre.

Qual è la tua filosofia di allenamento come allenatore

In molti sport individuali, l’allenamento tende ancora a concentrarsi quasi esclusivamente sul perfezionamento tecnico, come se la padronanza dei gesti atletici fosse l’unico requisito per il successo. Questa impostazione nasce dall’idea che la precisione e l’esecuzione impeccabile siano il cuore della performance sportiva. Tuttavia, in questa visione c’è il rischio di trascurare un aspetto fondamentale: lo sviluppo della consapevolezza nei giovani atleti.

Spesso, gli allenatori privilegiano la ripetizione meccanica dei movimenti, con l’obiettivo di formare esecutori eccellenti. Si ricerca l’atleta capace di eseguire gesti tecnici senza errori, come una macchina programmata per rispondere a stimoli precisi. Ma questo approccio, pur efficace nel breve termine, rischia di sottrarre spazio alla crescita mentale e personale dell’atleta. I ragazzi diventano così abili nell’eseguire ciò che viene loro richiesto, ma non imparano a riflettere su quello che fanno, a capire il perché di una scelta tecnica o tattica, o a gestire situazioni complesse in autonomia.

Questa mancanza di consapevolezza può trasformarsi in un limite. Quando si troveranno a competere in contesti più complessi, dove servono adattabilità, intuizione e capacità di decidere rapidamente, questi atleti rischiano di trovarsi in difficoltà. Un atleta “pensante”, invece, non è solo un bravo esecutore: è una persona che comprende il significato del proprio allenamento, che sa leggere le situazioni e che riesce a portare sul campo una visione strategica personale.

Per superare questo limite, sarebbe necessario un cambio di paradigma. Gli allenatori dovrebbero incoraggiare i giovani a porsi domande, a sperimentare, a sbagliare e a riflettere sugli errori. Non si tratta di abbandonare l’attenzione alla tecnica, ma di integrarla con uno sviluppo mentale e cognitivo che renda l’atleta protagonista del proprio percorso. Solo così si possono formare non solo campioni sul piano tecnico, ma anche individui capaci di pensare e agire in maniera autonoma e consapevole.

Valore delle tesi di laurea in presenza

Il ritorno delle discussioni di tesi in presenza rappresenta un tema di grande valore sia per gli studenti laureandi che per le loro famiglie. Questa modalità tradizionale, dopo il lungo periodo in cui le lauree si sono svolte prevalentemente online a causa della pandemia, offre vantaggi tangibili dal punto di vista emotivo, simbolico e relazionale.

Per i laureandi rappresenta

  1. Valorizzazione dell’impegno - La possibilità di presentare la propria tesi in presenza restituisce al momento della laurea il suo carattere solenne e significativo. Lo studente può vivere appieno il riconoscimento pubblico del proprio percorso di studi.
  2. Maggior coinvolgimento emotivo - Esporre il proprio lavoro di fronte alla commissione e ai propri cari rende l’evento più intenso e gratificante, trasformandolo in un vero rito di passaggio.
  3. Esperienza formativa - La discussione in presenza permette di affinare soft skills importanti come la comunicazione verbale e non verbale, la gestione dello stress e l’interazione diretta con la commissione.
  4. Networking e relazioni - Partecipare in presenza offre l’opportunità di interagire con docenti, colleghi e ospiti, creando un momento di condivisione. 

Per le famiglie

  1. Condivisione del momento - Partecipare fisicamente alla discussione della tesi consente alle famiglie di vivere con più intensità l’orgoglio e la soddisfazione per il traguardo raggiunto dal proprio caro.
  2. Simbolo di conclusione e successo - La presenza sul luogo della discussione crea un legame emotivo più forte rispetto alla semplice osservazione da remoto, trasformando la laurea in un momento celebrativo tangibile.
  3. Ritrovo e socialità - La laurea in presenza diventa anche un’occasione per riunire familiari e amici, creando un’atmosfera di festa e comunità.

Confronto con le lauree online

Le lauree online hanno avuto il merito di garantire la continuità del percorso accademico in un momento difficile, ma molti hanno percepito una mancanza di relazione umana e di solennità. Gli aspetti meno apprezzati delle lauree online includono:

  • L’assenza di un contesto formale che rafforzi l’importanza dell’evento.
  • La mancanza di interazione diretta con docenti e colleghi.
  • Difficoltà tecniche o ambientali che hanno in alcuni casi compromesso la qualità dell’esperienza.

Conclusione

Il ritorno alle discussioni in presenza sottolinea l’importanza del valore umano e simbolico della laurea, andando oltre il semplice conseguimento del titolo accademico. Si tratta di un’esperienza che celebra il percorso personale e collettivo, arricchendo il ricordo e il significato di questo traguardo.

Allenatori e psicologi sono preparati a lavorare con i giovani?

Faccio un lavoro per cui sono molto a contatto non solo con atleti ma anche con molti allenatori in diversi sport. Diciamo spesso che i giovani sono cambiati e si discute dei loro atteggiamenti e di come poterli aiutare. Troppo poco parliamo di noi adulti, allenatori, preparatori atletici e psicologi. Siamo sicuri di svolgere il nostro lavoro con i giovani nel modo migliore?

La questione non è banale. Non sono in discussione l’impegno, il tempo dedicato e la volontà di fare il meglio possibile; questi aspetti nella maggior parte dei casi sono adeguati. Vorrei soffermarmi invece sulle conoscenze possedute e chiederci se sono sufficienti, aggiornate e adeguate per allenare chi abbiamo di fronte: un allenatore che conosce solo il suo sport è un buon allenatore? Uno psicologo che conosce solo la psicologia è un buon psicologo dello sport? Se concordiamo con quanto sostiene Mourinho la risposta è negativa. Per lui un allenatore di calcio che conosce solo il calcio non può essere un bravo allenatore. Molte volte ho incontrato atleti che mi hanno detto che non erano più andati da uno psicologo perchè non sapeva niente del loro sport e continuava a chiedere informazioni sull’allenamento e sulle gare senza mai proporre qualcosa che potesse essere utile.

Lo stesso vale per gli allenatori che sono a digiuno della conoscenza, ad esempio ,delle principali regole della comunicazione e su come si forniscono i feedback agli atleti. Vedo molti allenatori che non leggono libri, che non conoscono i fondamenti psicologici per lavorare con gli atleti. Vedo altrettanti psicologi che incontrano gli atleti solo a studio, perchè non saprebbero cosa fare su un campo sportivo durante un allenamento.

La soluzione come sempre consiste nello studiare, capire e applicare, sbagliare e correggersi, e di nuovo applicare e continuare sino a quando non si è soddisfatti del risultato.

Insegnare agli atleti ad avere un dialogo interno costruttivo

L’allenatore svolge un ruolo fondamentale nell’insegnare agli atleti a sviluppare un dialogo interno positivo e costruttivo, un aspetto cruciale per il miglioramento delle prestazioni e per la gestione dello stress in gara. Ecco alcune strategie che l’allenatore può adottare per guidare gli atleti in questo processo:

1. Educare sul dialogo interno

L’allenatore può iniziare spiegando agli atleti cos’è il dialogo interno, come influenza la performance e perché è importante. Spesso, gli atleti non sono consapevoli dei propri pensieri e dell’impatto che hanno sulle loro emozioni e azioni. Educare al riconoscimento del dialogo interno è il primo passo.

2. Sostituire pensieri negativi con pensieri positivi

Incoraggiare gli atleti a identificare i pensieri negativi (ad esempio, “non ce la farò mai” o “sbaglierò di sicuro”) e a sostituirli con pensieri positivi o neutri (ad esempio, “mi sono allenato bene, posso riuscirci” o “mi concentrerò solo sul prossimo passo”). Questo processo richiede allenamento e costanza, ma è fondamentale per costruire una mentalità vincente.

3. Utilizzare affermazioni positive

Le affermazioni sono frasi o parole motivanti che gli atleti possono ripetere a sé stessi per rafforzare la fiducia. L’allenatore può aiutare ciascun atleta a trovare le affermazioni più adatte al proprio carattere e obiettivi. Ad esempio, “sono forte e preparato”, “posso superare le difficoltà” o “mi fido delle mie capacità”.

4. Tecniche di visualizzazione

La visualizzazione è una tecnica potente che può aiutare gli atleti a sostituire pensieri negativi con immagini mentali positive. L’allenatore può guidare gli atleti nel visualizzare il loro successo, i gesti tecnici corretti, e momenti di performance ottimale. Questo non solo allena la mente ma aiuta a prepararsi mentalmente ad affrontare la gara con più fiducia.

5. Creare routine pre-gara e pre-allenamento

Le routine che precedono la gara o l’allenamento, come un breve discorso motivazionale o un mantra, possono aiutare gli atleti a entrare in uno stato mentale positivo e concentrato. Routine e rituali ripetitivi insegnano agli atleti ad accedere rapidamente a un dialogo interno costruttivo.

6. Allenare la resilienza e la gestione degli errori

È importante insegnare agli atleti a vedere gli errori come opportunità di crescita piuttosto che come fallimenti. Un dialogo interno costruttivo può aiutare l’atleta a gestire gli errori e a riprendersi rapidamente. L’allenatore dovrebbe rinforzare la mentalità di crescita, lodando gli sforzi e i miglioramenti anche in caso di errori o sconfitte.

7. Praticare la consapevolezza (mindfulness)

Le tecniche di mindfulness aiutano gli atleti a restare nel “qui e ora”, osservando i propri pensieri senza giudizio e focalizzandosi sul momento presente. L’allenatore può guidare gli atleti a praticare brevi sessioni di mindfulness per prendere consapevolezza del proprio dialogo interno, migliorando la gestione dello stress e della concentrazione.

8. Esercizi di scrittura del dialogo interno

Un esercizio pratico è chiedere agli atleti di scrivere su un quaderno i propri pensieri ricorrenti, sia positivi che negativi. In questo modo possono prendere coscienza delle proprie convinzioni limitanti e lavorare per trasformarle. L’allenatore può fornire feedback su questi esercizi per aiutare gli atleti a formulare alternative positive.

9. Esempi e riflessioni post-Gara o post-allenamento

Dopo una gara o un allenamento, l’allenatore può riflettere insieme agli atleti su come si sono sentiti mentalmente. Esplorare quali pensieri li hanno aiutati o limitati, e come questi pensieri hanno influito sulla loro performance. Così facendo, l’atleta impara a valutare l’effetto del proprio dialogo interno e a modificarlo in futuro.

10. Essere modello di dialogo interno positivo

Infine, l’allenatore stesso deve incarnare il dialogo interno positivo e costruttivo, mostrando agli atleti come affrontare le difficoltà con atteggiamento propositivo. Quando l’allenatore si esprime in modo costruttivo e rinforza il linguaggio positivo, anche gli atleti sono più propensi ad adottare lo stesso approccio.

Conclusioni

Questi strumenti, se applicati con costanza, aiutano gli atleti a sviluppare una mentalità orientata alla crescita e al successo.

Come mantenere gli adolescenti motivati allo sport

Per mantenere elevata la motivazione allo sport tra gli adolescenti oggi, è necessario adottare strategie che rispettino le loro esigenze di stimolazione e di immediata gratificazione, pur facendo emergere i benefici a lungo termine. Ecco alcuni spunti che potrebbero essere utili:

1. Definire obiettivi a breve termine e risultati visibili

  • I ragazzi di oggi sono abituati a risultati immediati (pensiamo ai social media, ai videogiochi e alla cultura del “tutto e subito”), per cui è importante proporre obiettivi sportivi che siano raggiungibili in tempi relativamente brevi. Ad esempio, proporre una sfida settimanale, un piccolo miglioramento da ottenere ogni mese o piccole competizioni interne ai gruppi di allenamento può dare loro la sensazione di progresso continuo.

2. Utilizzare la tecnologia come strumento di supporto

  • App di monitoraggio dell’attività fisica, contapassi, video e piattaforme che permettono di registrare e condividere i propri progressi possono aiutare a mantenere alta la motivazione. Raggiungere “badge” o “obiettivi” può dare quella gratificazione che cercano, collegandola all’attività fisica.

3. Creare un ambiente di supporto e appartenenza

  • Lo sport è spesso vissuto meglio quando fa parte di una comunità. Allenarsi con amici o creare gruppi di allenamento può trasformare l’attività in un momento di socializzazione. Sentirsi parte di una squadra dà motivazione e sostegno reciproco, fattori che sono cruciali nell’adolescenza.

4. Sperimentare diversi sport e attività

  • Proporre più discipline, come arrampicata, parkour, sport di squadra, yoga o anche giochi di squadra, aiuta i giovani a scoprire l’attività che meglio risponde ai loro interessi. La varietà può spezzare la monotonia e mantenere alta la curiosità.

5. Valorizzare il divertimento e ridurre la pressione sul risultato

  • Per molti adolescenti, l’aspetto competitivo può diventare fonte di stress. L’obiettivo primario dovrebbe essere il divertimento, l’esperienza e il piacere dell’attività, piuttosto che la competizione. Questo approccio riduce l’ansia da prestazione e stimola un coinvolgimento spontaneo.

6. Dare spazio all’autonomia e alla responsabilità

  • Per responsabilizzare i ragazzi, può essere utile coinvolgerli nella pianificazione degli allenamenti o delle attività: scegliendo gli esercizi, proponendo allenamenti, prendendo l’iniziativa. Quando i ragazzi sentono che le loro opinioni sono prese in considerazione, sono più motivati.

7. Insegnare i benefici fisici e mentali dello sport

  • Educare i ragazzi sui benefici psicofisici che l’attività fisica porta – come il miglioramento del sonno, l’aumento dell’energia e della concentrazione e il sollievo dallo stress – può aiutarli a comprendere il valore a lungo termine dello sport. Essere consapevoli dei benefici può motivarli a continuare.

8. Usare un approccio personalizzato

  • Ogni adolescente ha motivazioni diverse: qualcuno ama la competizione, altri preferiscono attività più rilassate o artistiche. Capire cosa piace e interessa a ciascun ragazzo permette di adattare l’attività sportiva ai loro bisogni e ai loro gusti, facendo sì che l’esperienza sia appagante per ognuno di loro.

9. Offrire feedback positivi e riconoscimento

  • I giovani, spesso influenzati dalla ricerca di approvazione, rispondono molto bene ai feedback positivi e ai riconoscimenti. Elogiare i miglioramenti, riconoscere i progressi anche piccoli e incoraggiare senza eccessiva pressione può costruire una mentalità positiva e mantenerli motivati.

10. Integrare lo sport nella routine quotidiana e non renderlo “facoltativo”

  • L’attività fisica dovrebbe essere presentata come parte della routine, non come un’attività extra o opzionale. Abituare gli adolescenti a vedere lo sport come un momento di rilassamento, piacere e cura di sé e non come un dovere o un peso favorisce un coinvolgimento duraturo.

11. Proporre obiettivi di crescita personale

  • Parlare di sport come di un percorso di crescita personale, dove la competizione è con sé stessi, può motivarli più della competizione con gli altri. In questo modo, lo sport diventa uno strumento per sviluppare disciplina, forza di volontà e autostima.

In conclusione

Rendere lo sport accessibile, divertente e appagante per gli adolescenti richiede un mix di immediatezza e una strategia più ampia di crescita personale. Coltivare una motivazione che venga da dentro e che risponda ai loro bisogni può favorire una pratica sportiva continua, con tutti i benefici che questa comporta per la loro salute e il loro sviluppo.

Come mantenere costanza e perseveranza nelle attività quotidiane

Mantenere costanza e perseveranza nelle attività quotidiane – come lavoro, studio e sport – può essere molto difficile, ma è anche essenziale per ottenere risultati duraturi e soddisfacenti. Ecco perché queste due qualità sono difficili da mantenere, ma anche perché sono così fondamentali.

Perché la perseveranza è così difficile?

  1. Soddisfazione ritardata - In molte attività, i risultati non sono immediati. Studiare per un esame, allenarsi per un obiettivo sportivo, o avanzare nella carriera richiede tempo e non sempre si vede subito il frutto dell’impegno. Il nostro cervello, però, tende a preferire ricompense immediate, e la mancanza di risultati immediati può portare a frustrazione o stanchezza.
  2. Monotonia e fatica - La costanza spesso implica ripetere le stesse azioni o esercizi più e più volte. A lungo andare, questo può risultare monotono e pesante, soprattutto quando si affrontano compiti impegnativi o si devono superare ostacoli. La ripetitività può abbassare la motivazione e rendere difficile mantenere la rotta.
  3. Sfiducia nelle proprie capacità - Incontrare fallimenti o ostacoli può minare la fiducia in sé stessi e far nascere il dubbio di non essere “abbastanza bravi” o di non avere il talento necessario. Quando manca la fiducia, è facile scoraggiarsi e rinunciare.
  4. Fattori esterni e distrazioni - La vita quotidiana è piena di distrazioni e imprevisti. Nuovi interessi, altre persone e obblighi possono distrarci dai nostri obiettivi a lungo termine. Ad esempio, il tempo passato sui social media o la semplice routine di lavoro possono allontanarci dall’allenamento fisico o dallo studio.

Perché la perseveranza è fondamentale?

  1. Progressi tangibili - La perseveranza consente di fare piccoli progressi che, nel tempo, si accumulano e portano a miglioramenti visibili e concreti. Questa crescita è spesso l’unica strada per sviluppare competenze e ottenere risultati significativi. Nel lavoro, la pratica costante porta a una padronanza delle competenze; nello studio, rafforza la memoria e la comprensione; nello sport, migliora la resistenza e la forza.
  2. Superamento dei limiti - Perseverare permette di affrontare e superare i propri limiti. È normale incontrare ostacoli, ma superarli dà forza e motivazione per continuare. La costanza ci abitua a gestire le difficoltà senza arrenderci, sviluppando una mentalità di crescita che ci prepara ad affrontare sfide ancora maggiori in futuro.
  3. Autostima e resilienza - Portare avanti un impegno nonostante le difficoltà accresce la nostra autostima e rafforza la resilienza. Ogni piccolo traguardo raggiunto, grazie alla perseveranza, conferma che siamo capaci di ottenere risultati, anche quando sembrano difficili o lontani. Questo, a sua volta, aumenta la fiducia in sé stessi e la capacità di affrontare sfide nuove.
  4. Cambiamenti duraturi - La perseveranza è spesso il fattore determinante per mantenere un cambiamento a lungo termine. Che si tratti di migliorare le proprie prestazioni lavorative, ottenere un diploma, o raggiungere un obiettivo fisico, la costanza è ciò che trasforma un impegno temporaneo in un’abitudine consolidata. Questo rende i risultati stabili nel tempo, creando un miglioramento duraturo nella propria vita.

Come rafforzare la costanza e la perseveranza?

  • Stabilire obiettivi realistici - Avere obiettivi chiari e raggiungibili, sia a breve che a lungo termine, aiuta a mantenere la motivazione e a seguire un piano d’azione preciso.
  • Misurare i progressi - Tenere traccia dei progressi, anche minimi, dà una sensazione di successo e rafforza la motivazione.
  • Sviluppare routine e abitudini: Creare delle abitudini facilita il mantenimento della costanza, perché le azioni ripetute diventano più automatiche e meno faticose.
  • Accettare i momenti di difficoltà - Essere consapevoli che la fatica e gli ostacoli fanno parte del processo e che questi non sono segno di fallimento ma tappe del percorso.

In sintesi, la perseveranza è difficile da mantenere perché richiede sacrificio, disciplina e pazienza, ma è indispensabile per ottenere i migliori risultati. Essa ci permette di trasformare il nostro impegno in successo, creando miglioramenti duraturi in ogni ambito della nostra vita.