Come trasformare una piccola difficoltà in un grande problema

Nel mio lavoro con gli atleti mi accorgo che i problemi che gli atleti incontrano nella loro quotidianità fatta di allenamento e gare provengono dalla loro vota quotidiana sportiva ed extra-sportiva ma vengono ingigantiti dal non avere qualcuno con cui condividere e parlare dei queste situazioni. Per cui, a mio avviso, le crisi derivano dal non avere accanto accanto qualcuno con cui condividere i propri stati d’animo e paure, in questo modo non si risolvono subito ma diventano pensieri fissi che portano a vivere giornate negative e prestazioni insoddisfacenti.

Soprattutto per i più competitivi questa difficoltà a fornire prestazioni può portare ad allenarsi ancora di più nella speranza di risolvere il problema. E’ ovvio che questa soluzione ha il sapore della punizione: “Giacchè non stai riuscendo, allora lavora di più”.

Quando i problemi irrompono nella vita il primo passo è di accettarli, considerandoli una parte vitale della propria esperienza. Capita lasciare o essere lasciati dal partner, capita avere dei dubbi sulle proprie capacità sportive, capita pensare di non avere amici, capita sentirsi soli. Sono certamente momenti spiacevoli ma capitano a tutte le persone ma vanno accettati come si accetta una strada con le buche. Accettare di essere in difficoltà è necessario per passare al punto seguente: come ne posso uscire.

Solo dando valore alla difficoltà ci si motiva per trovare una soluzione. Se invece si pensa che non sarebbe dovuto succedere, sarà più facile intraprendere un percorso in ci si passa dalla lamentela verso di sé al convincersi o che si è sfortunati o che queste cose succedono perchè si è incapaci di evitarle.

Pensateci!

Il valore dell’empatia nel calcio

In questi giorni si è parlato molto della mancanza di empatia di Thiago Motta e di come questa assenza abbia rappresentato uno dei problemi che ne hanno determinato il licenziamento dalla Juventus, visti i scarsi risultati della squadra in questa nuova stagione agonistica.

L’empatia è una qualità fondamentale per un allenatore di una top squadra di calcio, perché gli permette di comprendere a fondo i suoi giocatori, motivarli e creare un ambiente positivo e vincente. Ecco perché è così importante:

  1. Gestione dei giocatori e leadership
    In una squadra d’élite, ogni calciatore ha una personalità e un ego spesso sviluppato. L’allenatore deve saper entrare in sintonia con ciascuno, capirne i bisogni e trovare il modo migliore per motivarlo, senza creare tensioni nello spogliatoio.
  2. Gestione delle pressioni e dello stress
    Le squadre di vertice vivono sotto un’enorme pressione mediatica e aspettative altissime. Un tecnico empatico sa riconoscere i momenti di difficoltà dei suoi giocatori e fornire loro il supporto necessario, sia a livello umano che sportivo.
  3. Comunicazione efficace
    L’empatia migliora la comunicazione tra allenatore e squadra. Un mister che sa ascoltare e comprendere il punto di vista dei suoi giocatori può trasmettere le sue idee tattiche in modo più chiaro ed efficace.
  4. Motivazione e spirito di squadra
    Un allenatore empatico sa cosa dire nei momenti cruciali per ispirare la squadra. Riesce a creare un forte senso di appartenenza, spingendo i giocatori a dare il massimo, non solo per sé stessi ma per il gruppo.
  5. Gestione dei momenti di crisi
    Sconfitte, infortuni e problemi personali possono influenzare il rendimento di un giocatore. Un allenatore con empatia sa quando intervenire, come sostenere il suo atleta e come aiutarlo a ritrovare fiducia e motivazione.
  6. Relazioni con staff e media
    Un allenatore non si relaziona solo con i giocatori, ma anche con lo staff tecnico, i dirigenti e la stampa. L’empatia lo aiuta a creare rapporti solidi e a gestire al meglio le situazioni di tensione, evitando conflitti inutili.

In sintesi, un allenatore di una top squadra non deve solo essere un grande stratega, ma anche un’eccellente guida di uomini. L’empatia gli permette di trasformare un gruppo di talenti in una squadra

Stili di allenamento degli allenatori

Pitt, T., Thomas, O., Lindsay, P., Hanton, S., & Bawden, M. (2020). A framework of single-session problem-solving in elite sport: A longitudinal, multi-study investigation. Frontiers in Psychology11, 566721.

Nell’ambiente dell’allenamento sportivo, è riconosciuto che lo sviluppo dell’autonomia e delle capacità di problem-solving degli atleti sia cruciale per supportare uno sviluppo olistico e garantire prestazioni ottimali. Tuttavia, esistono poche informazioni su come gli allenatori utilizzino e valutino i diversi metodi di insegnamento durante l’allenamento e su come gli atleti percepiscano e valorizzino tali metodi.

Questo studio mirava a esaminare le percezioni degli allenatori e degli atleti sull’uso e il valore dei metodi di insegnamento riproduttivi, produttivi basati sul problem-solving e produttivi iniziati dagli atleti. A tal fine, è stata applicata la Coaches’ Use of Teaching Methods Scale, convalidata per l’uso sia da parte degli allenatori che degli atleti, a 70 allenatori e ai loro 294 atleti appartenenti a squadre giovanili, selezionati intenzionalmente da quattro città in Turchia.

Sebbene siano emerse differenze statisticamente significative tra le risposte degli allenatori e degli atleti riguardo all’uso e al valore attribuito ai diversi metodi di insegnamento durante l’allenamento, entrambi i gruppi hanno indicato un uso frequente dei metodi riproduttivi, un uso occasionale dei metodi produttivi basati sul problem-solving e un uso raro dei metodi produttivi iniziati dagli atleti.

Gli atleti hanno attribuito un valore più alto rispetto agli allenatori ai metodi produttivi iniziati dagli atleti in termini di divertimento, apprendimento e motivazione.

I risultati dello studio indicano chiaramente la necessità di sviluppo professionale degli allenatori nella loro conoscenza pedagogica, in particolare nella percezione del valore e nella capacità di applicare i metodi produttivi basati sul problem-solving e quelli iniziati dagli atleti.

La conoscenza degli sport

Per stabilire un programma di allenamento psicologico avanzato è necessario conoscere le implicazioni psicologiche tipiche di una determinata disciplina sportiva. In termini generali si può affermare che gli sport prevalentemente tattici e situazionali e quelli di precisione richiedono livelli di attivazione più bassi rispetto a quelli caratterizzati da potenza e velocità che richiedono livelli elevati di attivazione. Ciò non è comunque valido per tutti gli sport poiché ad esempio il rugby, sport di squadra, richiede livelli particolarmente elevati di attivazione.

Se si analizzano i vari gruppi di sport si può affermare che:

  • gli sport di lunga durata (per esempio fondo, maratona, marcia, ciclismo su strada, canottaggio, canoa, windsurf, nuoto, sci di fondo) – richiedono di tollerare la fatica fisica e di saperla gestire nei momenti in cui si presenta in gara. Necessitano di una notevole consapevolezza delle sensazioni corporee così da potere riconoscere e anticipare eventuali momenti critici durante la gara.
  • gli sport di precisione (per esempio tiro con l’arco, tiro a volo, tiro a segno, golf, biliardo, curling, bocce) – richiedono di coniugare insieme precisione dell’azione tecnica e velocità, per cui la concentrazione deve essere totalmente orientata all’esecuzione tecnica. Si richiedono livelli intermedi o bassi di attivazione, tanto che prima dell’esecuzione dei colpi la frequenza cardiaca si riduce e l’atleta esegue la sua azione in una condizione di semi-apnea. In questi sport l’unico modo per recuperare da un errore è di attendere che gli avversari sbaglino a loro volta.
  • negli sport di coordinazione del corpo nello spazio (per esempio ginnastica artistica, pattinaggio artistico, danza, nuoto sincronizzato, tuffi, slalom speciale, slalom gigante, snowboard, free climbing) – la prestazione migliore che è possibile fornire corrisponde con l’esecuzione ideale, ma nel contempo l’atleta sa che è quasi impossibile da raggiungere, poiché anche un minimo errore comporta la riduzione della qualità della prestazione nonché del punteggio che la giuria gli attribuirà.
  • gli sport di breve durata (100 e 200 metri, staffette, 400 metri, nuoto, salti, lanci, salto con gli sci, sollevamento pesi) – richiedono una concentrazione totale per l’intera durata della prova. Decisiva è l’abilità a gestire efficacemente l’impulsività e la tendenza ad agire in modo troppo anticipato rispetto allo start di partenza.
  • gli sport di combattimento (scherma, boxe, arti marziali, lotta) – richiedono un livello elevato di reattività mentale e fisica per tutta la durata del combattimento. Notevole importanza ha la capacità di sapere anticipare le mosse dell’avversario. Data la brevità dello scontro è decisiva l’abilità a sentirsi in gara e efficaci sin dai primi istanti del combattimento.
  • negli sport di squadra (calcio, pallavolo, pallacanestro, pallamano, pallanuoto, rugby, hockey, football americano, baseball) si richiede lo sviluppo del pensiero tattico in un contesto di collaborazione con i propri compagni di squadra e di livelli di attivazione di moderata intensità.
  • gli sport individuali di opposizione a prevalenza tattica (tennis, tennis tavolo, badminton) esigono lo sviluppo di un pensiero tattico adeguato alle competenze personali dell’atleta e alle caratteristiche del suo avversario. Necessitano di livelli elevati di attivazione per l’elevato numero di scambi e la rapidità delle azioni di gioco.

La cultura della Juventus e Thiago Motta

Sono convinto che la storia di una squadra sia un fattore decisivo che un allenatore di calcio deve tenere molto in considerazione se vuole avere successo in quella squadra. In questo caso, mi riferisco a quella della Juventus e all’avventura di Thiago Motta su questa panchina. La storia ci spiega quale sia la mentalità di questo ambiente sortivo, la sua cultura e le sue aspettative, che restano sempre le stesse nonostante i cambi di panchina, di calciatori e di dirigenza.

Non significa avere un approccio conservativo ma comprendere su quali motivazioni e principi si è costruita la storia di un Club. da dove viene questa mentalità secondo cui “l’unica cosa importante è vincere”, come aveva ben sintetizzato Giampiero Boniperti.

Si possono trovare le origini di questo approccio  con l’allenatore Carlo Carcano che conquistò quattro dei cinque scudetti consecutivi con la Juventus nei primi anni ’30. Il suo motto era: “Primo non prenderle”, che stava a indicare una squadra solida in difesa, che vinceva di misura, “a corto muso” come avrebbe detto 80 anni dopo Massimiliano Allegri.

Alcune volte la Juventus ha provato a cambiare questa mentalità, è successo con Maifredi, Sarri e Pirlo, allenatori che hanno durato al massimo una stagione sportiva. Inoltre, è una squadra che vive nel presente e non si dà il tempo di costruire per il futuro, alla Juventus bisogna vincere subito, non c’è spazio per gli esperimenti. E’ una squadra che a grandi numeri 10 e attaccanti ha sempre affiancato grandi difese.

Chi viene ad allenare questa squadra deve capire il valore di questa impostazione, che si ripete immutata da quasi 100 anni.

Attività fisica e benessere: il ruolo dell’ottimismo

Wang, D., Zhang, Y., Yang, R. (2025). Physical activity, social capital and subjective well-being. The moderating roles of optimismInternational Journal of Sport Psychology, 56(1), 71-87.

Sulla base dei dati del China General Social Survey (CGSS) del 2017, è stata utilizzata un’analisi per esaminare la relazione tra attività fisica e benessere soggettivo.

Questo studio ha rilevato che, in primo luogo, l’attività fisica predice positivamente il benessere soggettivo.

In secondo luogo, le reti sociali mediano la relazione tra attività fisica e benessere soggettivo. L’attività fisica ha un effetto indiretto sul benessere soggettivo attraverso le reti sociali.

In terzo luogo, l’ottimismo può moderare l’effetto mediatore delle reti sociali sulla relazione tra attività fisica e benessere soggettivo. All’aumentare dei punteggi di ottimismo, il legame tra attività fisica e capitale sociale si indebolisce, influenzando ulteriormente il benessere soggettivo.

I risultati di questo studio rivelano ulteriormente il meccanismo della relazione tra attività fisica e miglioramento del benessere soggettivo, il che è di grande importanza per rafforzare la costruzione di strutture per l’attività fisica e reti di relazioni sociali al fine di migliorare il benessere dei residenti.

I due nuovi campioni del tennis tavolo sono francesi

Alexis e Félix Lebrun sono due fratelli francesi che stanno conquistando il mondo del tennis tavolo.

Alexis, 21 anni, gioca con la presa tradizionale, mentre Félix, 17 anni usa l’impugnatura “penhold”, tipica dei campioni cinesi. Entrambi hanno partecipato alle Olimpiadi di Parigi, dove Felix ha vinto il bronzo individuale e di squadra mentre Alexis il bronzo di squadra.

Nonostante Félix sia più in alto nel ranking, 6° al mondo, non ha mai battuto Alexis, 10° al mondo, in una grande competizione. Nel campionato francese di marzo scorso, Alexis ha vinto contro il fratello in una finale emozionante, con Félix in lacrime dopo la sconfitta. Tuttavia, il loro legame rimane forte: si allenano insieme da piccoli e condividono il duro lavoro necessario per arrivare al top.

Per gestire la pressione e la complessità di gareggiare l’uno contro l’altro, entrambi hanno iniziato a lavorare con psicologi dello sport, che li aiutano a controllare le emozioni e lo stress della competizione. La madre ha raccontato che preferisce non chiedere loro cosa provano, lasciandoli affrontare la situazione in autonomia.

La loro storia appassiona i tifosi perché rappresenta sia la rivalità che la complicità tra fratelli. Anche altri atleti olimpici francesi hanno vissuto sfide simili, come i biatleti Fourcade o i canoisti Estanguet. Per molti, battere il proprio fratello maggiore è un segnale di crescita e determinazione.

 

Master Class: How to win: the building blocks of success

12° ISSP Master Class Series

HOW TO WIN: THE BUILDING BLOCKS OF SUCCESS

Dr. Kate Hays

April 23, 2025

Lingua: English (Translated live available)

Registrazione: https://issponline.org/meetings-resources/webinar/

La dottoressa Kate Hays è la responsabile dell’area psicologica del settore femminile della Federazione Inglese di Calcio. Con un’esperienza ventennale nella psicologia della performance e nel lavoro all’interno di team multidisciplinari, ha operato in una vasta gamma di sport, supportando atleti e squadre vincitrici di titoli in competizioni globali di alto livello, tra cui Campionati del Mondo, Olimpiadi e l’equivalente professionistico. Più recentemente, ha fatto parte del team che ha supportato la nazionale inglese di calcio femminile agli Europei 2022 e alla Coppa del Mondo 2023.

Kate è entrata a far parte della FA dopo oltre sette anni in un ruolo simile presso l’Istituto dello Sport del Regno Unito (UKSI), dove ha guidato e gestito l’attuazione della strategia nazionale di psicologia durante le Olimpiadi e Paralimpiadi di Rio e Tokyo. È stata nominata psicologa del quartier generale del Team GB per le Olimpiadi di Tokyo, in cui la squadra ha vinto più medaglie in un numero maggiore di discipline rispetto al passato, facendo la storia in uno degli ambienti più complessi, impegnativi e difficili degli ultimi tempi.

Si riduce la salute mentale fra i giovani

Per molti anni, sondaggi e altre evidenze hanno mostrato che la soddisfazione della vita, la percezione di sicurezza finanziaria, il senso di realizzazione e la felicità diminuivano nella prima età adulta, raggiungevano un punto minimo nella mezza età e poi risalivano nella tarda età. Questo andamento a forma di U nel benessere era rispecchiato da un andamento a forma di gobba per la disperazione, i ricoveri psichiatrici e l’uso di antidepressivi, che raggiungevano il picco nella mezza età.

Un nuovo studio di David G. BlanchflowerAlex BrysonXiaowei XuThe Declining Mental Health of the Young and the Global Disappearance of the Hump Shape in Age in Unhappiness, rileva che il peggioramento della salute mentale tra i giovani negli ultimi anni ha modificato questi schemi storici.

The Declining Mental Health of Youth | NBER

Sono stati analizzati i dati dei sondaggi provenienti dagli Stati Uniti (1993–2022) e dal Regno Unito (2009–2021) per individui di età compresa tra i 18 e i 70 anni. E’ emerso che la percentuale di persone negli Stati Uniti che hanno sofferto di disperazione — ovvero coloro che hanno riportato 30 giorni di cattiva salute mentale negli ultimi 30 giorni — è quasi raddoppiata, passando dal 3,7% nel 1993 al 7% nel 2023, con un impatto concentrato soprattutto tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Nel Regno Unito, i tassi di disperazione tra i giovani uomini e donne sono raddoppiati, con la disperazione tra i giovani uomini che ha superato quella delle fasce d’età più avanzate nel 2019.

L’andamento a forma di gobba della disperazione lungo il corso della vita di un individuo era evidente sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito tra il 2009 e il 2018. Tuttavia, questo schema sembra essersi modificato dopo il 2018, sostituito da una riduzione della disperazione con l’età, determinata da un graduale aumento dei livelli di disperazione dal 2011 tra coloro che hanno meno di 45 anni, in particolare tra i venticinquenni. La pandemia di COVID-19 ha aggravato questi effetti, soprattutto nel Regno Unito, dove i giovani hanno vissuto un peggioramento della salute mentale a causa dei lockdown e dell’aumento dell’isolamento sociale.

Espandendo la loro analisi a 34 paesi tra il 2020 e il 2023 utilizzando i dati del Global Mind Project, i ricercatori hanno evidenziato che il modello a gobba della disperazione è scomparso anche a livello globale. Nel 2023, il 27% degli individui risultava “angosciato e in difficoltà” con la propria salute mentale. A livello mondiale, la salute mentale delle giovani donne sotto i 25 anni è peggiore rispetto a quella dei giovani uomini. I ricercatori hanno rilevato inoltre che il benessere mentale è peggiore tra i meno istruiti, le donne, i disoccupati e coloro che non possono lavorare.

Le possibili spiegazioni per il declino del benessere mentale tra i giovani includono gli effetti della Grande Recessione sulle nuove generazioni entrate nel mercato del lavoro, il sottofinanziamento dei servizi di salute mentale e l’impatto degli smartphone sulla percezione di sé e sui confronti sociali tra i giovani.

Due allenatori in crisi: Thiago Motta and Sérgio Conceição

Mi chiedo spesso quale sia il il piano mentale di un allenatore quando la sua squadra non fornisce le prestazioni aspettate e, per dirla in modo diretto, le sue prestazioni sono negative. A esempio di questa condizione si possono i attuali due allenatori della Juventus e del Milan, Thiago Motta e Sérgio Conceição, che guidano squadre in crisi di risultati anche se per ragioni diverse.

Sono allenatori professionisti e la domanda da fargli è semplice: Quali sono i problemi e come li state affrontando? Mi piacerebbe sapere cosa pensano dei singoli giocatori che li stanno deludendo. Esempio: “Tizio sta giocando male, non riesce a a svolgere i compiti che gli affido? Ci vuole solo tempo? Non ha la fiducia dei compagni? Ha poca fiducia in se stesso? Gli sto chiedendo qualcosa che non sa fare o non vuole fare? Cosa lo motiva? Ha altri problemi extra-sportivi?

Non può certamente limitarsi a dire: sono giovani, devono crescere, sentono il peso della maglia, giocano troppo e così via.

C’è poi un altro lato da considerare e che riguarda la mentalità degli’allenatori. Sono consapevoli che stanno guidando due fra le squadre più conosciute al mondo? Che da sempre hanno lo scopo di vincere le competizioni a cui partecipano? Si trovano a loro agio con questo modo di essere? Sono in grado di gestire le tensioni che derivano da questa mentalità secondo l’unica cosa che conta è vincere? Cosa fanno per migliorare?

Ovviamente non avremo mai una risposta a queste domande.  Attualmente li vediamo sulla difensiva. Motta ha dichiarato che se avesse dei figli che giocano a calcio vorrebbe che avessero un allenatore come lui mentre Conceição ha ribadito che lo mandino via se non sono contenti e che la squadra si sta allenando bene. Capisco che non è facile mostrarsi autocritici senza essere percepiti come leader deboli, ma queste non sono spiegazioni razionali della situazione.

E’ un peccato che in ambienti sportivi di così alto livello non venga fornito agli allenatori un supporto psicologico per affrontare queste situazioni, così come invece avviene nelle più grandi organizzazioni e multinazionali dove spesso i direttori sono affiancati da esperti nella gestione delle risorse proprio per migliorare il lavoro di squadra.