Master Class: Mindfulness and ACT under Pressure

Mindfulness and ACT under Pressure: Lessons from the Olympic Games

Dr. Peter Haberl

November 5th, 2024

Language: English (Translated live available)

Time: 14:00 UTC (New York, 9:00; Sao Paulo, 11:00; Beijing, 22:00; Seoul, 22:00)

Register Here:  https://issponline.org/meetings-resources/webinar/

30 anni di consulenze negli sport di tiro

 Per saperne di più, scrivimi.

 

Cosa si chiede di fare oggi ai genitori

Oggi chiediamo ai genitori di adottare un approccio educativo che promuova lo sviluppo dell’autostima nei figli, con particolare attenzione a diversi aspetti chiave. Ecco alcune pratiche importanti che possiamo chiedere ai genitori:

1. Ascolto attivo e supporto emotivo

  • Chiedere ai genitori di ascoltare con attenzione i propri figli, rispettando le loro emozioni e sentimenti, senza giudizio o fretta di risolvere i problemi. Questo aiuta il bambino a sentirsi compreso e valorizzato.
  • Creare un ambiente sicuro per l’espressione delle emozioni, dove i bambini possano sentirsi liberi di esprimere la propria vulnerabilità.

2. Incoraggiare l’autonomia

  • Permettere ai bambini di prendere decisioni appropriate alla loro età e di imparare dai loro errori. Questo sviluppa un senso di competenza e responsabilità, rafforzando la fiducia in se stessi.
  • Dare compiti adeguati che stimolino il senso di realizzazione, come aiutare nelle faccende domestiche o assumersi piccole responsabilità personali.

3. Riconoscere l’impegno, non solo i risultati

  • Incoraggiare l’impegno e la perseveranza, piuttosto che lodare solo i risultati o le prestazioni. È fondamentale insegnare che il valore non dipende dai successi esterni, ma dallo sforzo e dalla crescita personale.
  • Evitare confronti tra fratelli o amici, che possono minare l’autostima e creare competizione negativa.

4. Modellare l’autostima positiva

  • Essere un esempio di fiducia in se stessi: i bambini imparano molto dall’osservare i genitori. È importante che i genitori mostrino un atteggiamento equilibrato verso se stessi, non denigrando mai le proprie capacità o valore.
  • Insegnare l’autocompassione, dimostrando come accettare i propri errori senza eccessiva autocritica.

5. Costruire un ambiente di amore incondizionato

  • Esprimere amore e affetto regolarmente, indipendentemente dai successi o dagli errori dei figli. Sapere di essere amati incondizionatamente rafforza la sicurezza interiore e l’autostima.
  • Valorizzare l’unicità del bambino, riconoscendo e apprezzando le sue qualità e talenti individuali.

6. Favorire una comunicazione positiva

  • Usare un linguaggio positivo, che metta in risalto le capacità e i punti di forza del bambino. Critiche costruttive vanno sempre accompagnate da suggerimenti per migliorare, evitando etichette negative.
  • Aiutare i figli a risolvere i problemi in modo autonomo, offrendo supporto e guida, ma permettendo loro di trovare le soluzioni.

7. Insegnare la resilienza

  • Insegnare ai figli come affrontare e superare le difficoltà, promuovendo l’idea che gli errori e i fallimenti sono parte naturale della vita e un’opportunità di crescita.
  • Aiutare a sviluppare una mentalità di crescita, che li incoraggi a credere di poter migliorare con il tempo e l’impegno.

8. Sostenere le relazioni sociali

  • Favorire il coinvolgimento in attività sociali e relazioni con coetanei in cui i bambini possano sviluppare la fiducia nelle loro capacità sociali e interpersonali.
  • Aiutare a sviluppare competenze di gestione dei conflitti, incoraggiando la risoluzione pacifica dei disaccordi.

In sintesi, chiediamo ai genitori di offrire una combinazione di supporto, autonomia, affetto e insegnamento di competenze emotive per aiutare i figli a sviluppare un senso di sé forte e positivo, che li prepari ad affrontare le sfide della vita con sicurezza e resilienza.

Salute e sicurezza sul lavoro nello sport

Giffin, C.E., Schinke, R.J., Wagstaff, C., Quartiroli, A., Larivière, M., Coholic, D., Li, Y. (2024). Advancing Safe Sport Through Occupational Health and Safety a Thematic Meta-Synthesis Exploring Abuse within Elite Adult Sport ContextsInternational Journal of Sport Psychology, 55(1), 1-31.

I sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (OHSMS) promuovono ambienti di lavoro sani attraverso la regolamentazione dei pericoli e le attività di promozione della salute. L’abuso nello sport d’élite è uno dei pericoli che minaccia la salute e la sicurezza degli atleti adulti d’élite. Nonostante l’esistenza diffusa di linee guida basate su evidenze per salvaguardare gli atleti giovani, poche tutele sono state sviluppate per gli atleti adulti d’élite, nonostante lo sport sia la loro principale occupazione. Attraverso una lente di realismo critico, abbiamo utilizzato una meta-sintesi tematica per cercare, valutare e sintetizzare 20 articoli condotti con atleti adulti d’élite che hanno subito abusi.

Presentiamo tre temi principali per evidenziare: (a) come i tipi di abuso (sessuale, psicologico, fisico e finanziario) siano fluidi e si espandano nel tempo, (b) i fattori contestuali che influenzano l’abuso (individuali, relazionali, strutturali, culturali), e (c) gli impatti temporali degli abusi durante le carriere sportive degli atleti, nelle fasi iniziali, avanzate e post-sportive.

Il presente lavoro viene discusso in relazione ai percepiti progressi degli OHSMS e alla sicurezza nello sport attraverso la protezione degli atleti dai pericoli presenti nei loro ambienti lavorativi.

Fra gli adolescenti c’è un’influenza reciproca fra attività fisica e soddisfazione nella vita

Lee, Y., Sung, H., Cho, H. (2024). A longitudinal study on the bidirectional relationship between adolescents’ physical activity and life satisfactionInternational Journal of Sport Psychology, 55(4), 313-333.

Lo scopo di questo studio era investigare la relazione longitudinale tra attività fisica e soddisfazione di vita negli adolescenti. Abbiamo utilizzato il Modello Autoregressivo Cross-lagged (ACLM) per esaminare la relazione longitudinale e abbiamo impiegato quattro anni di dati (N = 1.897) provenienti dal Korean Children and Youth Panel Survey, condotto dal National Youth Policy Institute. I risultati hanno mostrato che l’attività fisica e la soddisfazione di vita si influenzano reciprocamente nel tempo.

Inoltre, abbiamo rilevato che l’attività fisica in un momento precedente ha avuto un impatto significativo e costante sulla soddisfazione di vita nei momenti successivi. Al contrario, la soddisfazione di vita in un momento precedente ha mostrato un effetto costante sull’attività fisica nei momenti successivi. Questo studio dimostra che l’attività fisica e la soddisfazione di vita si influenzano e si condizionano reciprocamente, indicando che hanno una relazione reciproca.

In conclusione, è degno di nota che la soddisfazione di vita abbia una forte influenza nel predire l’attività fisica, e che debba essere considerata come una priorità, agendo come un fattore motivazionale per comportamenti specifici.

 

 

 

L’amicizia al tempo dei social media

Con la diffusione dei social media, l’amicizia ha subito trasformazioni significative, sia in termini di dinamiche sociali che di modalità di comunicazione. Ecco alcuni dei principali cambiamenti:

1. Aumento della quantità, riduzione della qualità

I social media hanno reso possibile connettersi con un numero molto maggiore di persone rispetto a prima, ampliando le reti sociali. Tuttavia, questa crescita in termini di quantità di “amicizie” spesso non si traduce in legami profondi. Molte amicizie sui social sono superficiali, legate più alla condivisione di contenuti che a una vera connessione emotiva.

2. Interazioni più frequenti ma meno personali

Prima dei social media, mantenere un’amicizia richiedeva sforzi come chiamate, visite o lettere. Ora, bastano un “like” o un commento per mantenere un contatto, ma queste interazioni sono spesso meno significative. I social favoriscono scambi rapidi, con poca profondità.

3. Esposizione costante alla vita degli altri

I social permettono una visibilità continua delle vite altrui, attraverso foto, storie e post. Questo può favorire un senso di connessione, ma allo stesso tempo può portare a invidia, confronto e insicurezze. Si può avere l’impressione di conoscere tutto di una persona, pur senza condividere momenti significativi.

4. Nuove forme di amicizia “virtuale”

L’amicizia virtuale è diventata molto comune. Persone che non si sono mai incontrate nella vita reale possono costruire relazioni strette e significative online, basate su interessi comuni o esperienze condivise. Questi rapporti possono essere reali e profondi, ma c’è chi sostiene che manchi un aspetto fisico ed emozionale essenziale.

5. Velocità e facilità di riconnessione

I social media hanno reso molto più facile riallacciare rapporti con persone perse di vista, come vecchi amici di scuola o ex colleghi. Ciò ha ridotto l’idea di “perdere contatto” con qualcuno. Tuttavia, questi rapporti riaccesi possono rimanere superficiali o basati solo sul mantenimento di una connessione online.

6. La pressione sociale e il FOMO (Fear of Missing Out)

La costante esposizione alla vita sociale degli altri può creare una pressione a essere sempre connessi o a partecipare agli eventi. La “paura di perdersi qualcosa” è accentuata dai social, creando ansia nelle relazioni e un bisogno di approvazione costante attraverso “like” e commenti.

7. Rappresentazione di sé e autenticità

I social media permettono alle persone di curare attentamente la loro immagine pubblica, mostrando solo certi aspetti di sé. Questo può portare a relazioni basate su rappresentazioni parziali o idealizzate, piuttosto che su un’autentica conoscenza reciproca. In alcuni casi, può aumentare il distacco tra ciò che siamo veramente e ciò che mostriamo agli amici.

8. Il rischio di conflitti e fraintendimenti

La comunicazione sui social è spesso frammentata e priva di toni vocali o espressioni facciali, il che può portare a fraintendimenti e conflitti. Inoltre, le opinioni personali condivise pubblicamente possono causare dissapori tra amici, specialmente su argomenti delicati come politica o religione.

9. Effetto amplificatore dei social su relazioni tossiche

Relazioni tossiche o conflittuali possono essere amplificate sui social media, dove la diffusione pubblica di informazioni personali, pettegolezzi o critiche può danneggiare le amicizie in modo più esteso e rapido rispetto a quanto avverrebbe nelle interazioni faccia a faccia.

10. Nuove modalità di supporto e vicinanza

I social media, tuttavia, possono anche essere potenti strumenti di supporto, specialmente in situazioni di distanza geografica. Le persone possono utilizzare piattaforme come Facebook o WhatsApp per offrire sostegno emotivo, consigli e conforto in tempo reale, facilitando un senso di vicinanza anche quando si è lontani fisicamente.

In sintesi, l’amicizia nell’era dei social media ha visto un’espansione delle reti sociali, con interazioni più veloci e immediate, ma meno profonde. Le connessioni possono essere mantenute più facilmente, ma spesso a scapito della qualità del legame. L’autenticità e il contatto umano diretto, purtroppo, tendono a essere sacrificati, creando un nuovo equilibrio tra il mondo reale e quello virtuale.

Nessuno insegna che gli errori si fanno sempre

Parlando oggi con un giovane atleta del tiro piattello, specialità fossa olimpica, è emersa la difficoltà ad accettare gli errori. Ciò avviene perchè si parte da un presupposto sbagliato, secondo cui giacche sono in forma e faccio molti sacrifici per allenarmi, di conseguenza dovrei fare pochissimi errori e soprattutto vincere più spesso.

E’ un tipico ragionamento di molti giovani atleti e non solo di quelli di uno sport di precisione. Sono mille gli esempi di cui ci si può servire per capire che questo approccio è sbagliato. Il primo è di rilevare quante volte negli ultimi 30 anni è stato realizzato un record del mondo. Nella fossa olimpica è avvenuto 17 volte, e sta indicare quante volte è stato raggiunto il massimo punteggio di 125 bersagli colpiti su 125 in una gara internazionale. In sostanza, in 30 anni solo 14 atleti l’hanno ottenuto (perchè 3 di loro l’hanno fatto 2 volte). Quindi a parte questo numero esiguo di atleti che l’hanno fatto una volta, loro stessi e tutti gli altri atleti migliori al mondo non ci sono riusciti.

Allora come faccio io, che non appartengo a questo piccolo numero di tiratori, pensare che giacchè sono in forma dovrei commettere pochissimi errori. Se si è razionali è piuttosto evidente che sto pensando una sciocchezza, a cui molti credono perchè nessuno insegna a ragionare su quello che si fa mentre tutti ti chiedono il punteggio a fine gara, come se fosse la cosa più importante da sapere sulla prestazione di un atleta.

E’ un mito difficile da eliminare quello che associa il grado di forma al risultato che si vuole ottenere. Non si capisce che il grado di forma è indispensabile per essere consapevoli che si è fatto tutto il possibile per mettersi nella condizione di fare molto bene, è un presupposto della prestazione. Non si deve partecipare a gare importanti se non si è in forma, ma questo è solo il presupposto della performance di gara, il passo seguente è dimostrare la propria competenza nel saperlo fare in una situazione di stress competitivo in uno sport dove un battito di ciglia può compromettere l’azione di tiro.

Più facile per gli allenatori insegnare la tecnica e poi dire agli atleti, hai imparato come si rompono i piattelli, ora è affar tuo farlo in gara!

Ragioni per cui gli allenatori non scelgono di lavorare con gli psicologi

Molti allenatori tendono a vedersi come i principali responsabili del benessere mentale dei loro atleti, piuttosto che affidarsi a psicologi dello sport, per una serie di ragioni legate a cultura, formazione, percezione del ruolo dell’allenatore e alla dinamica stessa dello sport. Ecco alcune spiegazioni principali per questo fenomeno:

1. Ruolo tradizionale dell’allenatore come guida globale

  • Visione olistica: Storicamente, l’allenatore è stato visto come la figura centrale responsabile di tutti gli aspetti della performance degli atleti, sia fisici che mentali. Molti allenatori hanno interiorizzato questa responsabilità globale, vedendo il benessere mentale degli atleti come parte della loro gestione e controllo, accanto alla preparazione fisica e tattica.
  • Relazione personale e di fiducia: L’allenatore spesso costruisce una relazione stretta e di fiducia con l’atleta. Gli atleti si rivolgono all’allenatore non solo per consigli tecnici, ma anche per supporto emotivo e psicologico. Questo può portare gli allenatori a sentirsi i principali responsabili anche del benessere mentale, poiché conoscono gli atleti a un livello personale e si sentono in grado di supportarli a 360 gradi.

2. Carenza di formazione specifica in psicologia dello sport

  • Formazione limitata: Molti allenatori non hanno una formazione approfondita in psicologia dello sport. Tuttavia, potrebbero aver ricevuto corsi base o informazioni sui principi generali di motivazione, leadership e gestione dello stress, elementi che li fanno sentire preparati a gestire anche gli aspetti psicologici.
  • Non riconoscimento dell’importanza della psicologia: In molti programmi di formazione per allenatori, l’accento è posto su tecniche e tattiche sportive, con meno attenzione alla psicologia. Questo porta alcuni allenatori a sottovalutare l’importanza dell’intervento di esperti specifici in psicologia, poiché ritengono che ciò che sanno sia sufficiente.

3. Paura di perdere il controllo

  • Desiderio di mantenere il controllo completo: Alcuni allenatori potrebbero temere di perdere parte del controllo sulla squadra se introducono uno psicologo. La gestione mentale degli atleti è vista come parte integrante del loro approccio complessivo alla leadership, e delegare questa responsabilità potrebbe sembrare una riduzione del loro ruolo.
  • Difficoltà di collaborazione: Non tutti gli allenatori sono pronti a lavorare in team con altri esperti (come uno psicologo dello sport), in quanto ciò richiede una stretta collaborazione e una divisione di responsabilità che può entrare in conflitto con la loro visione del lavoro. Alcuni allenatori preferiscono gestire direttamente tutti gli aspetti per evitare possibili incomprensioni o interferenze esterne.

4. Stigma e diffidenza verso la psicologia

  • Stigma culturale verso la psicologia: In molti ambienti sportivi, soprattutto quelli più tradizionalisti, la psicologia è ancora vista con sospetto. La mentalità comune è che la “forza mentale” sia qualcosa che si sviluppa naturalmente attraverso l’esperienza e la determinazione, non attraverso un supporto professionale. L’idea che gli atleti debbano cercare aiuto psicologico potrebbe essere percepita come un segno di debolezza, e quindi alcuni allenatori preferiscono evitare di introdurre psicologi per non esporre i loro atleti a questa percezione negativa.
  • Riduzione della “prestazione mentale” a motivazione: Molti allenatori considerano l’aspetto psicologico semplicemente come una questione di motivazione, determinazione e concentrazione, che ritengono di poter gestire attraverso discorsi motivazionali o il rafforzamento dell’autostima degli atleti, piuttosto che come un’area complessa che richiede un supporto professionale.

5. Esperienza personale e approcci consolidati

  • Esperienza diretta degli allenatori: Molti allenatori sono stati ex atleti, e durante le loro carriere potrebbero non aver avuto accesso a supporto psicologico professionale. Di conseguenza, basano la loro gestione mentale degli atleti sulle loro esperienze personali e sulle strategie che hanno funzionato per loro, piuttosto che su pratiche psicologiche scientificamente valide.
  • Risultati passati: Se un allenatore ha ottenuto buoni risultati gestendo autonomamente anche l’aspetto mentale degli atleti, potrebbe non vedere la necessità di cambiare il suo approccio. Se la sua esperienza conferma che riesce a motivare e supportare gli atleti, sarà meno incline a cercare aiuto esterno.

6. Pressione sui risultati immediati

  • Focus sui risultati a breve termine: Gli allenatori sono spesso sotto forte pressione per ottenere risultati immediati, specialmente nelle competizioni di alto livello. In questo contesto, potrebbero percepire il coinvolgimento di uno psicologo come un processo che richiede tempo per dare frutti, mentre loro sono costretti a cercare soluzioni rapide e visibili per migliorare la prestazione degli atleti.
  • Percezione della psicologia come non essenziale: In un contesto in cui i risultati rapidi sono fondamentali, la psicologia può essere vista come un elemento “extra” piuttosto che come un fattore essenziale per il successo a breve termine. Gli allenatori potrebbero quindi concentrarsi su aspetti più tangibili, come la tattica e la condizione fisica.

7. Conflitto tra approccio autoritario e approccio psicologico

  • Modelli di leadership tradizionali: Molti allenatori adottano un approccio autoritario nella gestione della squadra, dove controllano rigorosamente ogni aspetto della prestazione dell’atleta. La psicologia, con il suo focus sull’ascolto, la comprensione delle emozioni e il coinvolgimento dell’atleta nei processi decisionali, può entrare in conflitto con questo modello di leadership. Gli allenatori che seguono uno stile più direttivo possono vedere l’introduzione di uno psicologo come una minaccia alla loro autorità.

8. Differenze percepite tra preparazione fisica e mentale

  • Maggior evidenza della preparazione fisica: La preparazione fisica è visibile, misurabile e strettamente collegata ai risultati di prestazione sportiva. La preparazione mentale, invece, è più difficile da quantificare e spesso si manifesta in modo meno evidente. Questo rende più semplice per gli allenatori delegare la preparazione fisica a un esperto, ma sentirsi competenti a gestire gli aspetti mentali in prima persona.
  • Confusione sui confini tra ruoli: Non sempre è chiaro dove finisca la responsabilità dell’allenatore e inizi quella dello psicologo. Mentre l’aspetto fisico ha confini definiti, come forza, resistenza e tecnica, la psicologia dello sport copre aree che spesso si sovrappongono con la leadership e la motivazione, aspetti che molti allenatori ritengono essere parte integrante del loro ruolo.

Conclusione

In sintesi, molti allenatori si vedono come i principali responsabili del benessere mentale degli atleti a causa di una combinazione di tradizione, formazione limitata, desiderio di controllo, pregiudizi culturali e percezione della psicologia come un’area meno tangibile e immediatamente efficace rispetto alla preparazione fisica. Tuttavia, con il crescente riconoscimento del ruolo della psicologia nello sport, è probabile che nel tempo si crei una maggiore collaborazione tra allenatori e psicologi sportivi.

Psicologo o motivatore?

Un altro campione, vincitore seriale, Lewis Hamilton, ha parlato dei suoi problemi mentali:

“Fin da piccolo, quando avevo circa 13 anni, soffrivo di depressione, credo sia stato a causa della pressione delle gare e del bullismo a scuola. Non avevo nessuno con cui parlare … A venti anni ho vissuto fasi veramente complicate, ho lottato con la salute mentale per tutta la vita”. In particolare, durante la pandemia, molti fantasmi sono tornati a visitarlo. Per affrontarli, Lewis ha studiato, letto, si è aiutato con la meditazione “perché inizialmente faticavo a calmare la mente”.

In un mondo sportivo in cui:

  • gli atleti parlano di se stessi non solo più evidenziando i loro successi ma anche le difficoltà, le paure e le loro preoccupazioni;
  • il comitato olimpico internazionale e le nazioni più avanzate forniscono agli atleti servizi per migliorare nella preparazione psicologica alle competizione ma anche altri per promuovere il loro benessere, forniti da psicologi professionisti e specializzati in queste aree diverse.

Nel nostro paese c’è ancora chi afferma la necessità del ruolo del motivatore messo in contrapposizione a quello dello psicologo dello sport. Purtroppo non sono in pochi a pensare in questo modo, ed è difficile obiettare alle loro convinzioni poiché le loro opinioni sono pre-scientifiche, non si basano su dati certi ma solo su qualche stereotipo e sulla presunzione di volere avere a ogni costo ragione.

 

Tempo di scuola e di sport